LOUISE BOURGEOIS - Le sue Emozioni


Louise Bourgeois, artista che ho sempre amato molto per la personalità curiosa, umile e solitaria, per aver sempre combattuto gli stereotipi e le convenzioni, per essere stata coraggiosa nella vita e anche nella sua attività di artista.
Ho visto alcune sue opere alla Tate Modern di Londra, e una memorabile retrospettiva al Museo di Capodimonte a Napoli nel   dicembre 2008 con  un’esposizione di circa sessanta opere eseguite lungo l’arco di tutta l’attività, incluse due nuove installazioni della celebre serie delle Cells, mai esposte prima.
Lungo tutto il percorso l’impatto emotivo delle opere esposte ha provocato in me forti emozioni, dall’inquietudine ad un’emozione mistica e meditativa, mi sono sentita molto vicina con il pensiero, era come se ci legasse un filo invisibile, ho ritrovato un legame con la sua arte, soprattutto nelle opere dove ha utilizzato le stoffe della sua infanzia, mi sono sentita unita a lei nel coraggio di affrontare le ansie e le paure, nella complessa ricerca di ricostruzione e nella ricerca di una verità in un viaggio svolto all’interno di se stessi .


























Nell’agosto 2010 ho visitato la mostra The Fabric Works a Venezia presso la Fondazione Emilio Vedova, la mostra presentava opere in gran parte sconosciute fatte di tessuto e una ricca serie di disegni creati tra il 2002 e il 2008. Principalmente montaggi, collage e assemblaggi di pezzi di suoi vestiti e biancheria. Queste opere presentavano caratteristiche morbide, colorate, gioiose osservandole si percepiva la raggiunta rigenerazione e distanza rispetto ai suoi ricordi.



























In questa mostra di Venezia, ho trovato finalmente una Louise Bourgeois dolce, finalmente libera e felice e questo è stato un elogio alla vita, un messaggio di entusiasmo e di ottimismo a non mollare mai.
Insomma da Napoli a Venezia è stato un percorso in cui si è raccontata la condizione esistenziale tormentata di un’artista, che incarna la figura di figlia - donna – moglie – madre, storie in cui ci si può identificare perché sono poi comuni a tutti gli esseri umani e spesso sono chiuse in cassaforte dentro di noi.


 































Louise Bourgeois nasce a Parigi nel 1911. "Nacqui il giorno di natale, rovinando la festa a tutti quanti. Mentre erano intenti a gustare ostriche e champagne, ecco che arrivo io. Mi piantarono in asso. Oggi riesco a raffigurarmi quell'evento ridicolo...non accuso nessuno. E' quindi un senso di sconfitta quello che motiva il mio lavoro, una volontà di rimediare al danno che è stato fatto...non di paura, ma del trauma dell'abbandono." Si ritrovò affibbiata un nome maschile (perché ovviamente i genitori desideravano un erede, non una femminuccia).



























Prima di lei nacquero due femmine e dopo di lei, finalmente il maschio.
Affermerà "Ho sempre sentito di dover fare un grande sforzo per farmi perdonare il fatto di essere femmina"
Il senso di solitudine e di abbandono l’accompagnerà per tutta la vita e dominerà la sua arte.
Nasce in una famiglia di restauratori di arazzi "io avevo il compito di riparare i piedini che si consumavano prima, poi dovevo anche tagliare i genitali dei cupido che gli acquirenti americani, puritani, non volevano vedere in salotto. Mia madre, che era una donna puritana, li tagliava e li metteva tutti insieme in un cesto: un cesto di piccoli peni. Io cucivo al loro posto dei fiori."




























L’infanzia è caratterizzata dal complicato e tormentato rapporto con il padre che abbandona la famiglia per partecipare alla Prima Guerra Mondiale, dove fu ferito.
Venne trascinata per mesi dalla madre, nei vari ospedali in cerca del padre, in questo girovagare viene continuamente in contatto con la sofferenza e con il dolore, che poi si ritroverà nelle sue sculture.
Louise è convinta che il padre non tornerà più e quindi in lei cresce sempre di più il senso di abbandono, il padre, comunque alla fine della guerra tornerà a casa sempre più prepotente, colpendo fortemente la sensibilità di Louise, provocandone una continua perdita di autostima.




































La Bourgeois racconta di un episodio della sua infanzia in cui suo padre intagliò la buccia di un mandarino e la staccò dal frutto, in modo da creare un pupazzetto con un pene eretto. Per poi rivolgersi ai commensali: "Mi dispiace che mia figlia non possa esibire una simile bellezza. Lei, è ovvio, lì non ha granché".

Dopo il racconto Louise siede immobile e a stento trattiene le lacrime: "A distanza di tanti anni, l'episodio è ancora così vivo nei miei ricordi. Come fosse successo ieri. Cosa possono fare i bambini, la notte, se non piangere, piangere? Anche se è inutile: i genitori arrivano con uno specchio e dicono 'guarda come sei brutta quando piangi”.


























Nel 1974 la Bourgeois realizzerà l’opera The Destruction of the father, dove comporrà in una specie di grotta, poco illuminata, una serie di forme organiche (organi genitali, cavità, protuberanze rigonfie), che formano un paesaggio inquietante. Al centro, Louise racconta che è situato il padre, su un tavolo da pranzo, smembrato e ridotto a pezzi.
In questa opera viene affrontata la paura, un altro dei temi che tornano nella produzione.
Il padre non aveva pudore nei suoi riguardi e la portava con sé al bordello lasciandola fuori ad aspettare, aveva molte amanti ed una, l'insegnante di inglese dei figli, viveva in famiglia.
Louise da una parte si sente tradita dal padre, dall'altra, dalla stessa insegnante. Ma soprattutto inizia ad essere consapevole di quello che la famiglia può nascondere per convenzioni e stereotipi, compromessi e menzogne che vengono messi in atto per celare la vera realtà.
"Per dieci anni ho visto lo sguardo muto di mia madre , ho odiato mio padre per quella sua violenza inaudita su di noi. La famiglia può essere disseminata di ghigliottine".
Una sua scultura degli anni '90 Cell-Choisy raffigura la casa della sua infanzia, ingabbiata da una rete metallica e sovrastata da un'imponente ghigliottina.
"A farmi lavorare è la rabbia - dice Louise - e la memoria mi aiuta a capire perchè mi sento come mi sento e faccio quello che faccio. bisogna essere accurati nei ricordi. L'obiettivo è rintracciare la fonte della propria ansia. In questo consiste la psicoanalisi e a questo mi serve la scultura."
Con la madre, ha invece un bellissimo rapporto molto profondo e intenso.



































La madre è stata una figura forte, consapevole, presente eppure allo stesso tempo colpevole e debole, una madre importante per la conduzione e il mantenimento della famiglia, ma anche molto dipendente dal marito tanto da accettare in casa la presenza di una tata amante del padre.
" Mia madre sedeva al sole per ore ad aggiustare arazzi. Le piaceva davvero. Questo senso di riparazione è profondamente radicato dentro di me. Lei era la mia migliore amica” .
Alla fine del 1990 Louise ha iniziato ad utilizzare il ragno come immagine centrale nella sua arte, chiamerà Maman enormi ragni di bronzo, un'ode alla madre, come racconta lei stessa nella ormai famosa spiegazione dell'opera: "Come un ragno, mia madre era una tessitrice Come i ragni, mia madre era molto brava, paziente, delicata, un’amica in cui cercare protezione. Lei era intelligente, paziente, opportuna, utile e ragionevole. Era indispensabile come un ragno." I ragni sono presenze amichevoli che mangiano le zanzare. Sappiamo che le zanzare diffondono malattie e per questo sono indesiderati. Così, i ragni sono protettivi e pronti, proprio come mia madre”.




































Il rapporto con la madre è così intenso che quando la madre muore nel 1932 Louise tenta il suicidio gettandosi in un fiume.
Nel 1932 si iscrive alla Sorbonne per studiare matematica, ma l’anno seguente cambia indirizzo di studi per dedicarsi all’arte. Viene accetta all’École des Beaux-Arts, ma delusa dall’ambiente formale ed accademico continua gli studi seguendo lezioni private alla Académie Ranson, Académie Julian, Académie de la Grande-Chaumière, e lavorando negli studi di vari artisti a Montparnasse e Montmartre. Nel 1938 sposa lo storico dell’arte americano Robert Goldwater e insieme a lui emigra negli Stati Uniti stabilendosi a New York, dove continuerà gli studi.
























































Dopo gli inizi come pittrice e nelle incisioni, negli anni Quaranta rivolge la sua attenzione alla scultura, e inizia a fare le prime mostre.
Tra il 1938 e il 1947, realizza una serie di dipinti Le femmes-maisons e anche molti disegni: sono figure inquietanti che mostrano feti che escono dalla bocca, gravidanze, parti, figure infantili confinate da volti adulti.
Altro suo tormento è stata l’esperienza della maternità, combattuta tra un senso di inadeguatezza e amore profondo. Ha sempre avuto paura di non essere fertile tanto da adottare un bambino appena sposata . In seguito le sarebbero nati due figli.
Nelle opere The Woven Child , ha creato una madre che è senza testa e senza arti, un torso mosaico di tessuto cucito crudamente che non abbraccia né guarda il bambino; in Do not abandoned me, ferma il momento in cui il bambino viene espulso dal corpo della madre.
Sono entrambe figure in tessuto (tra cui resti di indumenti, biancheria, asciugamani di proprietà), materiale carico di calore, intimità.
Nel 1945, tiene la sua prima mostra con 12 dipinti incentrati sul tema della figura della donna. Un tema mai abbandonato, anche negli anni d' influenza femminista.
























Nel 1947 produce un ciclo di incisioni dal titolo He disapperead into complete silente, forme verticali, geometriche, sembrano corpi con al posto della testa una casa, a volte dalle finestre escono braccia che si protendono verso l’esterno in cerca di qualche cosa, dal tetto escono ciocche di capelli che l’artista vede come pensieri che chiama “ piume”.
Nel '51, suo padre muore e Louise entra in depressione, passa le giornate a letto e per un decennio non fa più una mostra. Riprende solo negli Anni '60.
























Nei primi anni Cinquanta realizza la serie Personaggi, 24 totem di legno con i quali vuole ricordare gli amici lasciati a Parigi e che non vede da più di dieci anni. E lo fa da New York, riproponendo le strutture dei grattacieli che distinguono la città.
Negli anni successivi sperimenta materiali sempre nuovi come plastica, latex e resine. Nel 1967 durante un soggiorno in Italia a Pietrasanta , scopre il marmo, con il quale, realizza i cumuls, sovrapposizioni di protuberanze falliche, ma anche di seni materni.
Negli anni Sessanta comincia a eseguire i suoi lavori in rame, bronzo, e pietra, e gli stessi pezzi diventano più grandi, e più legati a quello che è diventato il tema dominante del suo lavoro: la sua infanzia.






















































































Nel '73 muore il marito.
Nel 1980 nascono le “celle”, piccoli ambienti domestici, realizzati con materiale di scarto o collezioni di oggetti personali.
Allo spettatore è negato l’accesso, può solo spiarne l’interno, in un atto voyeuristico. Cells viene interpretato come cella di punizione, prigione, manicomio o convento, ma anche la cellula che compone il corpo umano. Sono le opere più intime di Bourgeois, le celle riproducono la casa dell’infanzia, la stanza dei bambini e la stanza dei genitori. Sono ambienti di un panorama familiare che lega insieme i ricordi passati, e che rappresentano differenti tipi di dolore, il dolore fisico, emozionale , mentale e intellettuale.
Rimasta a lungo nota ad una ristretta cerchia di critici e conoscitori, nel 1982, con la prima mostra dedicata ad una donna al Moma di New York, raggiunge il successo.






















Nel 1993 le viene assegnato il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia, dove è chiamata a rappresentare gli Stati Uniti .
Alla fine del 1990, inizia a produrre straordinarie opere scultoree e bidimensionali in tessuto, resti di stoffa riciclata in figure, colonne, e libri.
La sua lunga attività fu influenzata dai numerosi movimenti artistici, dal surrealismo all’espressionismo astratto e dal minimalismo, sperimentando continuamente e creando un suo linguaggio personale.
E’ stata un’artista feconda, solitaria, indifferente alle mode, ha spaziato tra tecniche e materiali diversi come il legno, il rame, il bronzo, il marmo, i tessuti (molti tessuti appartenevano a vestiti materni), il ferro, il gesso e il lattice.

































La sua arte ha seguito un linguaggio autobiografico, è basata sull’emozione, legata alle esperienze vissute soprattutto da bambina, le sue opere rispecchiano i temi delle relazioni familiari, dell’abbandono, della maternità e del sesso.
Nelle sue opere, e soprattutto il corpo spesso mutilato è uno dei soggetti principali della sua creazione artistica, si può leggere tutta l’angoscia, la rabbia, la gelosia, la solitudine, le ossessioni erotiche, ma anche la vitalità, la continua ricerca attraverso l’arte di esorcizzare il suo passato, dando alle sue paure e ansie una forma e un senso fisico, per affrontarle nuovamente e quindi guardarle in maniera distaccata.
Louise Bourgeois negli anni ha guidato lo spettatore lungo faticosi e sofferti viaggi biografici, viaggi nei quali comunque ognuno si può identificare .
Tuttavia negli ultimi anni della sua vita, il lungo viaggio attraverso l’angoscia e la sofferenza, ha trovato spiragli di serenità attraverso disegni, incantevoli intrecci e incastri di stoffe realizzati con i vestiti appartenuti all' artista e alle persone da lei amate, soprattutto la madre, con le sue lenzuola e i suoi asciugamani, tutti materiali legati alla pelle e alla vita, e con collage di bottoni, fiori e perline in queste opere si respira uno stato di dolcezza e calma meditativa.






















































La rigenerazione di sé si è conclusa il 31 Maggio 2010 all’età di 98 anni a New York.
" il mio lavoro è l'opera di ricostruzione di me stessa e trova origine nella mia infanzia... la memoria e i cinque sensi sono strumenti di cui mi servo. Il mio lavoro riguarda la fragilità del vivere e la difficoltà di amare ed essere amati... Utilizzo un linguaggio simbolico per esprimermi. Bisogna impregnare la materia di sentimenti. Il mio bisogno di utilizzare materiali soffici e stoffe, di far ricorso al cucito e alla bendatura dice la paura della separazione e dell'abbandono Le emozioni sono proiettate all'esterno, in una forma e in uno spazio. L'inconscio è portato alla coscienza attraverso l'arte".

"La mia arte è un modo esorcizzare i demoni che la inseguono fin dall'infanzia... una volta terminata la scultura sento che ha eliminato l'ansia che provavo. Gli artisti progrediscono così: non è che migliorino, è solo che ogni volta sono capaci di resistere meglio ai loro propri assalti. L' unica vera arte che ho praticato tutta la vita è stata l'arte di combattere la depressione, la dipendenza emotiva... quello che mi interessa è la conquista della paura. Nascondersi, confrontarsi, esorcizzare, vergognarsi, tremare e alla fine avere paura della paura stessa. Questo è il mio tema. Questo credo è il tema." 














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