La Favola Spirituale di Fausto Melotti
Ho visitato nel Febbraio del 2012 la mostra antologica di
Fausto Melotti al Madre, Museo d’Arte
Contemporanea di Napoli. La mostra curata da Germano Celant presentava opere
dello scultore, dall'inizio anni Trenta sino al 1986, anno
della morte dell'Artista.
La mostra raccoglieva oltre 200 opere fra terrecotte,
maioliche, gessi, sculture a tecnica mista e in ferro, ceramiche e lavori in
inox, disegni preparatori e bozzetti.
Così scrive Germano Celant: "È sull’uscita o sul dialogo tra penombra e luce, alla frontiera tra
essenza e movimento, dove i corpi fluidificano e si presentano sinuosi e
leggeri che Melotti imposta la sua ricerca, che esprime una svolta nuova alla
scultura, perché non lavora più sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal
vuoto."
La rassegna del Madre è stata straordinaria, le opere
invitavano alla contemplazione, provocando un senso di quiete eterna, evocando
ricordi.
A tentoni -1979 |
E’ stato un percorso in un mondo colorato, d’atmosfera lieve
e poetica, intimo e delicato: dalle stoviglie agli apparati decorativi, ai
monili, alle piccole sculture, i suoi oggetti e le installazioni, i gessi, le
ceramiche policrome e le sculture in metallo,opere informali, concettuali, che emanano una
fortissima spiritualità, desiderio di assoluto, di solitudine, di leggerezza
con le loro trasparenze di luce.
Teatrino-1950 |
Non mancavano i «Teatrini», piccole case, bianche o dipinte,
costruzioni di piccoli spazi abitabili che accolgono piccole figure umane , che ospitano brandelli di stoffe, fili di rame, catene spezzate o tessere
di domino, che riportano a intimi e alcune volte dolorosi contesti domestici, sono “i ricordi dell’anima”.
Le malinconiche e assottigliate figure femminili; i piccoli
personaggi filiformi e le mitiche dee, mescolanze di antiche divinità.
Le esili architetture di ferro, ottone, sfere e lamine
metalliche, con veli e garze,raccontano di città invisibili e luoghi lunari,
panorami scarnificati e pianeti immaginari. Le mezze lune sospese, le catene
dondolanti, le reti intrecciate, le quinte oscure, le esili scale, le cime
ricciolute, le garze sospese, definiscono stanze immateriali e silenziose dove
può abitare solo la poesia o la musica.
Opere di Melotti- Museo Madre |
Il viaggio attraverso queste bellissime opere è stato affascinante per la sua varietà, per una mescolanza di influenze, di materiali, di materia, di leggerezza che ti spinge a riflessioni profonde, ti inebria, ti trascina in un mondo di musica, di attesa, in un mondo onirico, poetico, ma anche di tensione, si ha la sensazione che le opere tentino costantemente di trasformarsi tanto appaiono leggere e precarie, in attesa di divenire qualcosa d’altro, è un percorso sorprendente, uno scenario unico, prezioso ed emozionante.
Ha scritto Fausto Melotti: “La rinuncia alla rappresentazione del mondo naturalistico è meno difficile
della rinuncia all’amore della materia in cui si lavora. L’arte non
rappresenta, ma trasfigura in simboli la realtà. L’arte è un viaggio. La
solitudine e l’inquietudine delle memorie. Anche chiusa in un programma, spinta
in un rigido contrappunto, composta in una camicia di forza, l’arte esce in
un’ineffabile danza. L’artista non conosce ancora la seconda parola della sua
poesia, non sa se al do segue il re fra le righe o il fa sopracuto, né se
l’azzurro muore o si esalta. L’arte sorride a chi ride delle cose
ingiustificate.”
Dei genitori darà un ritratto poco convenzionale : “ il papà era un macellaio: è una parola
difficile e invece era un uomo aristocratico, se aristocrazia vuol dire generosità, intelligenza, un modo di vita.
Debbo a lui quel poco di buono che ho come carattere. A mia madre debbo l’arte
”.
All’epoca Rovereto è una provincia dell’impero
austro-ungarico con una ricca tradizione culturale.
L’ infanzia trascorre tranquilla in una famiglia dove tutti,
e anche lui stesso, amano e coltivano la passione per la musica.
Frequenta, tra il 1907 e il 1914, la Scuola Reale Elisabettiana,
dove hanno studiato, prima di lui, Fortunato Depero, Tullio Garbari e Luciano
Baldessari.
Scultura n.11-1934 |
Luigi Comel, insegnante di disegno a mano libera, è tra i
primi a stimolare l’interesse per l’arte.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale, si trasferisce
con la famiglia a Firenze, dove continua gli studi liceali; qui ha inizio la
sua formazione artistica, alimentata di arte ma soprattutto di musica.
Nel 1918 si iscrive
alla facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Pisa, corso di studi che
proseguirà al Politecnico di Milano, dove nel 1924 si laurea in ingegneria
elettrotecnica. In questi anni si diploma in pianoforte e intraprende lo studio
della scultura a Torino, presso lo scultore Pietro Canonica.
L’aver vissuto anche
a Pisa, ha fatto si che assimilasse spiritualmente il fascino dell’architettura,
delle sculture romaniche, gotiche, del Medioevo (capitelli e
rilievi, mosaici e smalti, tessuti e avori). Tutto un mondo che affiorerà poi nelle sua scultura, nelle ceramiche smaltate e
nei suoi teatrini.
Senza titolo-1933 |
Nel 1928 si iscrive all’Accademia di Brera di Milano, dove
frequenta il corso “ Plastica della
figura” tenuto da Adolfo Wildt. Conosce Lucio Fontana che segue lo stesso corso e tra
i due nasce una forte amicizia che durerà tutta la vita, dirà “ Fontana e io siamo molto diversi,ma ci siamo
sempre sentiti in uno stato di disponibilità totale. Credo che pochi artisti si
siano stimati vicendevolmente come è stato tra noi. C’era una stima totale tra
me e Lucio ”.
Parte da una figurazione novecentesca, come Lucio Fontana ,
esegue prima disegni (1932-33) e poi sculture, anche monumentali, sperimentando
diversi materiali (gesso, ottone, rame,
bronzo e acciaio) richiamandosi ai principi dell'astrattismo, basato su una
ricerca di rapporti armonici, dove la
passione e la conoscenza della musica, furono importanti nella sua ricerca artistica.
Scultura n.14-1935 |
L’influenza di Wildt, si nota in alcune opere dei primi anni
e resterà molto forte nel tempo.
Da Wildt apprenderà il rispetto per l’arte manuale, il
controllo, il gusto per l’astrazione e per la purezza della forma, la capacità
di dare forma al vuoto.
Viene promosso dall’Accademia con nove in scultura.
Nel 1932 tiene un
corso di plastica moderna alla Scuola Professionale del Mobile di Cantù,
Melotti così ricorda: “ Noi
crediamo che all’arte si arrivi attraverso l’arte, frutto d’intuito personale:
perciò tutto il nostro sforzo consiste nell’insegnare il piccolo eroismo di
pensare con il proprio cervello”.
Il Castello-1947 |
Nel 1935 aderisce al movimento “ Abstraction-Création”, fondato a Parigi nel 1931 da Van Doesburg,
Seuphor, Vantongerloo con lo scopo di promuovere e diffondere l’opera degli
artisti non figurativi. Nello stesso anno entra a far parte del gruppo di
artisti milanesi partecipando alla prima mostra collettiva di arte astratta
nello studio di Casorati e Paolucci a Torino, ed espone a Milano, alla galleria
del Milione, in una sua personale, diciotto sculture astratte dalle linee geometriche molto pure e rigorose di vario materiale e semplicemente numerate.
Le mani-1949 |
La rivoluzionaria
novità di queste opere frutto di pensiero matematico, tese ma senza pathos,
espressione di pura forma, ne decreta l’insuccesso di pubblico e critica che
non erano pronti a tanta novità: Carrà
negò perfino che si trattasse di scultura.
Oggi queste sculture sono considerate tra i momenti più alti
dell’arte italiana del Novecento. L’indagine di Melotti verteva sull’ipotesi di
trasferire alla scultura le leggi della musica: i canoni, le variazioni, gli
intervalli, le misure, equiparando il pieno al vuoto, creando momenti di
sospensione (come il levare in musica) e di silenzio.
Coppa-1954 |
Nello stesso anno, in
occasione della VI Triennale di Milano, realizza per la Sala della Coerenza disegnata dallo studio BBPR,
un’opera-chiave, inedita e originale, la
Costante Uomo, dodici sculture, manichini in gesso
dipinto di bianco, con l’impronta di una mano impressa sul petto, sono opere
tutte uguali, dall’aspetto metafisico, che armonizzano il legame che l’uomo ha
tra il proprio ambiente spirituale e le opere in ogni epoca.
Opere che ha ripreso
più volte nei decenni successivi, considerandole una tappa importante del
proprio percorso. Ignorato dai critici, Melotti gode invece della stima dei
colleghi, quali M. Marini, che nel 1937 gli dedica un intenso ritratto
(Firenze, Museo Marino Marini) che ne mette in luce il carattere introspettivo
e l’intelligenza razionale.
Kore-1955 |
Incompreso in patria,
trova soddisfazione in Francia grazie a
Léonce Rosenberg e in Svizzera dove nel 1937 consegue il Premio internazionale La Sarraz.
Dal 1941 al 1943 vive a Roma, dove partecipa al progetto di
Figini e Pollini per il Palazzo delle Forze armate e nel frattempo realizza disegni,
dipinti e compone poesie.
Risale a questo periodo la conoscenza con Lina Marcolongo,
in seguito sua moglie, dalla quale ebbe due figlie: nel 1945 Cristina e, nel
1946, Marta. Nell’estate del 1943 i bombardamenti distruggono il suo studio
milanese di via Leopardi, cancellando le tracce di tante opere giovanili. Il
turbamento per la rovina arrecata dalla guerra si traduce nel 1944 nel volume
di poesie Il triste Minotauro, pubblicato a Milano da G. Scheiwiller
(ripubblicato nel 1974), dove l’artista esprime tutta la sua malinconia.
Nel dopoguerra, per
vivere, si dedica intensamente alla ceramica e alla scultura in terracotta
dipinta, raggiungendo, attraverso una
tecnica raffinatissima, un’altissima qualità
artistica; riprende la serie dei “Teatrini”,
composizioni evocative e ironiche, chiamati così perché consistono in cornici-casa,
aperte o chiuse sul dietro e al cui interno, sono dislocate su diversi piani,
piccoli oggetti, figurine, che suggeriscono racconti, stati d’animo, metafore, ricordi
di vita vissuta. Affermerà : “ Forse la
mia scultura è come un treno che invece di correre sui binari corre in mezzo
alle case, in mezzo ai prati ”.
Senza titolo-1954 |
Scrive Celant: “Melotti si rifugia nell’intimità delle
piccole cose, fatte in ceramica e cotte nella piccola muffola nello studio,
quasi volesse riconoscere l’agonia e la fine di un’esemplarità umanistica,
spostando così l’attenzione dal mondo classico delle forme e dei grandi ideali ad una nuova soggettività, che ora è legata
ad una concezione naturalistica e favolistica tra essere e mondo”
Le riviste Stile e Domus a più riprese
pubblicano le sue maioliche (complementi d’arredo e oggettistica), con le
quali, avendole esposte alla VIII Triennale di Milano (1947), ottiene il
diploma d’onore. Ancora, con tre pezzi ceramici partecipa alla Biennale di
Venezia e alla mostra collettiva Handicraft
as a fine art in Italy, presentata da C.L. Ragghianti (1948 New York), che
aveva riunito i migliori artisti italiani del tempo.
Città-1963 |
Contemporaneamente opera come decoratore d’ambienti e
scultore funerario, con opere presenti presso il Cimitero Monumentale di
Milano.
Vince il Gran Premio della Triennale di Milano nel 1951; nel
1958, la "Grande medaglia d’oro ad
artefice italiano" dal Comune di Milano; nel 1959 la medaglia d’oro di
Praga e quella di Monaco di Baviera .
Il carro-1966 |
Nel 1960 inizia una collaborazione con Gio Ponti che gli
commissiona, per la villa Nemazee a Teheran da Ponti progettata, la decorazione
di una parte del patio, Melotti realizzerà una composizione di bassorilievi in
ceramica smaltata di varie forme e dimensioni applicati sul muro bianco del
patio.
Realizzerà inoltre, sempre collaborando con Gio Ponti, il
rivestimento delle pareti dell’Air Terminal dell’Alitalia a Milano. Da qui ha
inizio una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al
successo e farà conoscere al pubblico un artista completo e poliedrico, insieme
scultore, pittore, ceramista e scrittore.
Ci vogliono oltre 20 anni perché Melotti riprenda quel
discorso improvvisamente sospeso nel 1935, mostra i nuovi lavori pubblicandoli
su Domus con un titolo emblematico: Sculture astratte del 1935 e del
1962.
Giugno-1974 |
Nel 1967 espone in una personale, la sua nuova produzione di
sculture in filo d'ottone, leggere e diafane, con frammenti di tessuto di garza
colorata o con qualche residuo di terracotta, di trasparenti retine metalliche,
alla Galleria Toninelli di Milano; sono opere di inconfondibile vena poetica. Questa è la prima
mostra dopo la guerra, che lo ripropone
all’attenzione del pubblico e della critica. Da questo momento ha inizio una
serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al successo e
gli permetterà di far conoscere la sua
opera multiforme: sculture, bassorilievi, teatrini e opere su carta.
Anche negli anni ’70 prosegue la sua attività con la
leggerezza delle forme astratte, grafiche e armoniche come spartiti musicali.
La sposa di arlecchino-1979 |
La sua opera, liberata, dal peso della materia e dalla
monumentalità, diventa libera nelle forme, nelle curve e nei volumi.
Nel 1973 consegue il Premio
Rembrandt, giudicato il Nobel delle arti; nel 1977 gli viene attribuito il Premio Biancamano.
Nel 1974 la casa editrice Adelphi pubblica una sua raccolta
di scritti e poesie intitolata Linee, a cui viene conferito, nel 1975, il
Premio Diano Marina. Nel 1978 sempre
Adelphi pubblica Linee, secondo quaderno. Nello stesso anno riceve il Premio FeltrineIli per la scultura.
Nel 1979 un’antologica del suo lavoro è presentata a Milano
a Palazzo Reale. Nel 1981 la città di Firenze gli dedica una mostra al Forte
Belvedere.
In occasione della mostra fiorentina Italo Calvino scrive “Gli effimeri” un testo dedicato
all’opera omonima che così descrive: “Una
partitura d’ideogrammi senza peso come insetti acquatici che sembrano
volteggiare su di una spalliera d’ottone schermata da un filo di garza”.
Rondò delle idee galanti-1971 |
Da questo momento in poi si susseguono le mostre personali e collettive in
Italia e all’estero, che lo vedono tra i protagonisti dell’arte contemporanea.
Firenze, Roma e Venezia ospitano importanti personali, ma è presente anche a
New York, Londra, Zurigo, Vienna, Francoforte, Monaco e Parigi.
Melotti è riuscito a coniugare classico con moderno, la
conoscenza scientifica con la sensibilità
musicale, il genio dello scultore con quello di ceramista,
la raffinata abilità letteraria e la
creatività poetica
con la raffinatezza del disegnatore,
sono tutte qualità che hanno contribuito ad affermarlo come uno degli artisti più rilevanti del XXI secolo.
Fausto Melotti è un grande spirituale del nostro tempo.
Si spegne il 22 giugno 1986 a Milano, nella sua
casa in corso Magenta, e viene sepolto nel cimitero di San Felice a Ema, presso
Firenze.
La
Biennale di Venezia gli assegnò, quello stesso anno, il Leone
d’oro alla memoria.
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